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COSTANTINO SIMONIDIS:
IL RE DEI FALSARI
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Costantino Simonidis fu un paleografo, archeologo,
dottore in teologia e filosofia, pittore, avventuriero, ma, soprattutto, un
geniale e abilissimo falsario. Nacque sull'isola di Simi, presso
Rodi, il 5 novembre 1820
(o, secondo altre fonti,
l'11 novembre 1824); da
ragazzo tentò invano
di uccidere il patrigno
e fu poi costretto a fuggire. Nel
1837 lavorò nella
stamperia di un famoso libraio.
In seguito fu ospitato dallo
zio Benedictos, che era
abate in un monastero russo
sul monte Athos (penisola
sacra alla religione ortodossa).
Fu in quel periodo che venne
a contatto con gli antichi
manoscritti greci, apprendendo
i segreti degli amanuensi: tra
i suoi primi falsi vi furono
alcuni testi medioevali,
ma anche icone. Da sempre
appassionato di geografi
antichi, nel
1850 pubblicò una
descrizione dell'isola di
Cefalonia corredata da 205
mappe, da lui "ritrovate",
realizzata dal geografo
Eulyros, che sarebbe vissuto
nel IV secolo a.C. L'esame
dello stile e del contenuto
ne dimostrano la falsità. Dopo
il 1850 si trasferì
a Costantinopoli, dove conosceva
diplomatici e dignitari
che gli resero possibile
la partecipazione agli scavi
dell'Ippodromo.
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Nel
1853 si recò in Inghilterra
con manoscritti veri e falsi
e, nel 1855, raggiunse Lipsia.
Lì cercò di vendere
per 2 milioni di talleri
(che però non incassò
mai) 70 fogli di una falsa
Storia egizia composta dal
re e storico Uranios (1)
al grande
classicista
Wilhelm Dindorf, che li
rivendette per più
del doppio all'Accademia
delle scienze berlinese. Il
falso manoscritto costò
una enorme
somma anche al re di Prussia, oltre che la reputazione alla prestigiosa e
infallibile Accademia di Berlino.
La truffa fu smascherata
da Alexandros Lykourgos
e Konstantin von Tischendorf. In quell’occasione Simonidis scrisse un
pamphlet per dimostrare l’autenticità di Uranio, portando naturalmente prove
anch'esse falsificate. Fu quindi espulso
dalla Prussia. In
seguito Simonidis fuggì
in Egitto facendo perdere
le proprie tracce. Si spacciò
per morto di peste il 19
ottobre 1867 ad Alessandria,
dove invece continuò
indisturbato
il suo lavoro fino alla
morte naturale, avvenuta
più di vent'anni
dopo. Lo
storico Jacob Burckhardt,
nel 1882 scrisse che Simonidis
apparteneva alla categoria
dei falsari spinti da un
irresistibile impulso, da
un mirabile virtuosismo,
più che dalla sete
di denaro. In effetti morì
povero il 18 ottobre 1890.
(1) Uranio fu uno storico greco di nazionalità
siriaca, originario di Apamea. La datazione è assai incerta: l'unico termine
sicuro è la presenza di citazioni da Uranios nel lessico geografico di Stefano
di Bisanzio, ma è plausibile una datazione ben più antica. Il patriarca
bizantino Fozio, citando nella sua Biblioteca la Vita di Isidoro di Damascio di
Damasco, menziona Uranios dichiarandolo governatore di Cesarea in Palestina. Inoltre,
lo storico Agatia riferisce che Uranios era un medico che, insieme al generale
di Giustiniano I, Areobindo, decise di recarsi in Persia, ove si guadagnò la
stima del re Cosroe I (531-579). Questi dichiarò in molte occasioni di non aver
mai conosciuto nessuno come il filosofo bizantino Uranios, sebbene avesse in
precedenza ospitato a corte numerosi celebri filosofi da Costantinopoli. Fu autore di un'opera intitolata Arabikà, in cinque
libri, oggi perduta. Particolarmente celebre la truffa che Costantino
Simonidis intentò proprio intorno al nome di Uranios: egli infatti costruì un
manoscritto palinsesto contenente una pretesa opera perduta di Uranios, una
Storia egizia sulla successione dei re egiziani, e dichiarò di averlo portato
con sé dal monte Athos. Per un certo tempo riuscì a convincere dell'autenticità
del pezzo perfino studiosi come Wilhelm Dindorf, il quale ne fece allestire
un'edizione nel gennaio 1856 per la Clarendon Press di Oxford, ma poi la truffa
fu smascherata da Konstantin von Tischendorf.
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