IL "CODEX SINAITICUS" E COSTANTINO SIMONIDIS

 

 

La questione dell'autenticità del "Codex Sinaiticus" è una delle più spinose della filologia classica e coinvolge direttamente la figura del geniale falsario Costantino Simonidis.
Si tratta di
un manoscritto datato tra il 330 e il 350 d.C., che originariamente conteneva l'intero Antico Testamento nella versione greca dei Settanta, l'intero Nuovo Testamento e altri scritti cristiani (Lettera di Barnaba, Pastore di Erma).
E' scritto in onciale, un'antica scrittura maiuscola usata dal III all'VIII secolo nei manoscritti dagli amanuensi latini e bizantini; in onciale sono scritti anche gli altri due codici biblici più antichi: il Codex Vaticanus (IV secolo) ed il Codex Alexandrinus (V secolo).
Nella sua forma attuale, il codice consta di 346½ fogli di pergamena per un totale di 694 pagine (38.1 cm x 34.5 cm) scritte su quattro colonne, che rappresentano all'incirca la metà dell'opera originale; di questi fogli, 199 appartengono all'Antico Testamento (inclusi alcuni apocrifi), 147½ al Nuovo Testamento, cui si aggiungono la Lettera di Barnaba e il Pastore di Erma, presente però in forma mutila. 

Il "Codex Sinaiticus"

Il codice è attualmente diviso in 4 porzioni: 347 fogli sono presso la British Library a Londra; 12 fogli e 14 frammenti (cui bisogna aggiungere un frammento individuato da uno studente greco tra la rilegatura di un manoscritto del XVIII secolo) sono presso il monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai; 43 fogli sono nella Biblioteca della Università di Lipsia; frammenti di 3 fogli sono presso la Biblioteca Nazionale Russa di San Pietroburgo.
Alcune parti del codice sono molto ben corservate, altre invece sono in pessime condizioni. Inoltre il manoscritto presenta un numero impressionante di correzioni.
Rispetto al Vaticanus, al quale è simile per molti versi, il Sinaiticus presenta lacune ed omissioni importanti: Matteo 12:47, 16:2b-3, 17:21, 18:11, 23:14,  24:35; Marco 7:16, 9:44, 9:46, 11:26, 15:28, 16:9-20 (con l'apparizione di Gesù dopo la resurrezione); Luca 17:36; Giovanni 5:4, 7:53-8:11, 16:15, 20:5b-6, 21:25; Atti degli Apostoli 8:37; 15:34; 24:7; 28:29; Lettera ai Romani 16:24.
Sono omesse frasi talora di capitale importanza:
Matteo 5:44, 6:13, 10:39a, 15:6, 20:23, 23:35; Luca 9:55b-56a; Giovanni 4:9; ma soprattutto Marco 10:7 e 1:1, in cui la qualifica di Gesù come υιου θεου ("figlio di Dio") è omessa (!).
Proprio la presenza di così sostanziali variazioni rispetto al testo "canonico" rende poco probabile l'intervento di un falsario: nessun falsario, infatti, si tradirebbe da solo apportando modifiche così evidenti all'originale.
E tuttavia larga parte di questo documento (che deriva da un curioso "assemblaggio" di parti di diversa provenienza, come si dirà) è considerata da alcuni studiosi sospetta.
Dà da pensare soprattutto la presenza nel finale del testo greco del Pastore di Erma: esso infatti è strettamente legato all'attività di falsario di Simonidis.
Vediamo di ripercorrere la questione nei suoi lineamenti essenziali.