Psiche con gioia prese l'anforetta
colma d'acqua e di corsa la portò a Venere. Ma neppure questa volta riuscì a
placare la collera della dea crudele che, infatti, minacciando tormenti ancora
più terribili, con un sorriso velenoso le disse:
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'Credo proprio che tu sia una gran maga, una di quelle stregacce
malefiche, dal momento che hai eseguito come niente i miei ordini. Ora però,
carina mia, dovrai farmi anche questo: prendi questa scatola' e gliela diede 'e
di corsa arriva fino agli Inferi, fino al lugubre palazzo dello stesso Orco, e
consegna a Proserpina questo cofanetto, dicendole che Venere la prega di
mandarle un poco della sua bellezza, almeno quanto basti per un sol giorno,
perché quella che aveva l'ha consumata e sciupata tutta per curare il figlio
malato. Però cerca di tornare alla svelta, perché io devo proprio darmi una
ripassatina prima di andare a una rappresentazione teatrale degli dei.'
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Allora Psiche comprese che per lei era davvero finita e si rese chiaramente
conto che ormai la si voleva mandare a morte sicura. C'era da dubitarne, dal
momento che la si costringeva a recarsi con i suoi piedi al Tartaro, nel mondo
dei morti?
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Senza indugiare oltre
salì su una altissima torre per gettarsi di lassù a capofitto, pensando che
questo fosse il modo migliore e più spedito per giungere agli Inferi.
Ma la torre improvvisamente parlò:
'Perché, disgraziata, vuoi ucciderti buttandoti giù? Perché dinnanzi a
quest'ultimo rischio, a quest'ultima prova vuoi darti subito per vinta? Una
volta che il tuo spirito sarà separato dal corpo andrai, sì, in fondo al
Tartaro, certamente, ma di laggiù in nessun modo potrai tornare.
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Ascoltami: poco lontano di qui c'è
Sparta, la celebre città della Acaia; cerca il promontorio del Tenaro, che non
le è distante, anche se situato un po' fuori mano. Lì c'è l'imboccatura che
porta all'inferno e attraverso le sue porte spalancate si vede l'inaccessibile
strada.
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Tu varca la
soglia e mettiti in cammino seguendo quella burella, e arriverai diritto alla
reggia di Plutone. Non dovrai tuttavia inoltrarti in quelle tenebre a mani
vuote, ma recherai due ciambelle d'orzo impastate con vino e miele, una per
mano, e due monete in bocca.
Percorrerai un buon tratto di quella strada che porta alla morte e incontrerai
un asino zoppo carico di legna e un asinaio zoppo anche lui, che ti pregherà di
raccattargli alcuni rami caduti dal suo fascio; ma tu non ascoltarlo, passa
oltre in silenzio.
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Poco dopo arriverai al fiume dei morti a cui sta a
guardia Caronte, il quale per traghettare sulla sua barca rattoppata
quelli che vanno all'altra riva si fa pagare il pedaggio. Come vedi
anche fra i morti esiste l'avidità di denaro e nemmeno il famoso
Caronte, né lo stesso padre Dite, un dio così potente, fanno mai
nulla gratis, e un pover'uomo quando muore deve procurarsi il prezzo
del viaggio; e se per caso non ha il denaro lì pronto nella mano, non
gli danno neanche il permesso di morire. |
A quel sordido
vecchio darai per il pedaggio una delle monete che hai portato con te,
ma lascia che sia egli stesso, con le sue mani, a prenderla dalla tua
bocca. |
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